rischio vulcanico
Solfatara inaccessibile, studiosi preoccupati dalla mancanza di dati
Dal 12 settembre il sito è sotto sequestro. L’Osservatorio Vesuviano lancia l’allarme: «le stazioni geochimiche sono in abbandono e non possiamo effettuare le campagne di rilevamento». Il rischio è di tutti.
di Claudio Morelli |
Era il 12 settembre 2017 quando tre persone morirono nel cratere della Solfatara, cadendo all’interno di una buca satura di monossido di carbonio. Massimiliano Carrer e sua moglie Tiziana Zaramella stavano tentando di salvare il figlio Lorenzo di 11 anni, precipitato poco prima. La voragine, formatasi dopo le piogge intense dei giorni precedenti e profonda poco più di due metri, non lasciò loro scampo. La concentrazione del gas era troppo alta. In superficie Alessio, fratellino di Lorenzo, 7 anni, fu il primo a chiedere aiuto. Nel vulcano, come sempre, c’erano altri visitatori ma ogni tentativo di soccorso fu vano e gli operatori sanitari, giunti sul posto, poterono solo attestare i decessi. Alla tragedia seguì un’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio e una serie di perizie tecniche. L’intera area della Solfatara fu posta sotto sequestro preventivo dal gip Claudia Picciotti, su richiesta della Procura. Dal 26 ottobre, infatti, insieme al parco geologico, sono interdetti il camping, la piscina e i campi sportivi.
La Solfatara è il principale sito naturale di attrazione turistica dell’area dei Campi Flegrei. Generata dalle eruzioni del III periodo flegreo, 3700-3900 anni fa, ha sempre rappresentato una meta obbligata già dall’epoca romana. Tra il ‘700 e l‘800 era inclusa tra le tappe del Grand Tour e dal 1860 è passata in mani private. La proprietà è della società Vulcano Solfatara Srl, amministrata da Giorgio Angarano, attualmente indagato per l’ipotesi accusatoria legata alle morti del 12 settembre. Fino a quel giorno gruppi di viaggiatori e scolaresche si succedevano nel cratere. Decine di migliaia di visitatori, ogni anno, pagavano un biglietto per ammirare le fangaie e le fumarole di un luogo che mai aveva conosciuto una tale disgrazia.
Dal sequestro, l’accesso è proibito a tutti, inclusi gli operatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che da anni si occupano del monitoraggio dell’area. I dati raccolti dall’Osservatorio Vesuviano, sezione napoletana dell’Istituto di ricerca, contribuiscono all’analisi costante dei fenomeni geofisici e geochimici della caldera dei Campi Flegrei. Informazioni che, nel 2012, hanno spostato il livello di allerta su giallo, “attenzione”, a causa del progressivo aumento dei fenomeni osservati. L’istituto produce bollettini settimanali e mensili sullo stato di attività del vulcano, attraverso l’uso di stazioni di rilevamento e numerose campagne periodiche all’interno dei siti. Ha, inoltre, il compito di allertare il Dipartimento di Protezione Civile in caso di segnali anomali che possano rappresentare indice di pericolo. Francesca Bianco, direttrice dell’Osservatorio è preoccupata: «Le stazioni geochimiche hanno bisogno di manutenzione, i filtri si intasano e da mesi non riceviamo più alcun dato sulla composizione chimica delle fumarole e sul flusso di co2, che ne indica la componente magmatica». Dal 12 settembre non ci sono più campagne dirette di rilevamento, e non è possibile raccogliere le informazioni. «Abbiamo interrotto un’attività trentennale di osservazione» insiste la Bianco «e se nel 2012 abbiamo abbiamo potuto innalzare il livello di allerta è stato grazie ai dati provenienti dalla Solfatara. Possiamo continuare a raccogliere i dati dalle fumarole Pisciarelli, ma non basta». Si tratta di siti in continua evoluzione, anche macroscopica, che obbligano gli scienziati ad un’analisi periodica. Continua la direttrice: «L’osservazione è multi-parametrica e se manca uno di questi parametri, essa diventa problematica. Essere costretti a interrompere la raccolta è gravissimo, in particolar modo per un vulcano come i Campi Flegrei, sul quale vige un livello di attenzione»