Territori dimenticati

Il paradiso perduto di Licola Mare

Il tratto di costa flegrea, una volta meta dei vacanzieri, da tempo è lasciato al degrado e all’incuria. Tra la rassegnazione dei residenti e la convivenza con i migranti.

di Claudio Morelli |

«Mio nonno parlava spesso di com’era questo posto negli anni ‘50. Un rifugio estivo per i napoletani, ricco di complessi balneari all’avanguardia e hotel eleganti». Gennaro è nato in Francia, ma ha passato qui la sua infanzia e la sua giovinezza. Oggi lavora in un centro di accoglienza. Gli alberghi che prima erano presi d’assalto dai turisti, oggi ospitano la speranza dei migranti africani. Divisa tra i comuni di Giugliano e Pozzuoli, Licola Mare è poco più di una strada che percorre la linea di costa, violentata dallo squallore dell’edilizia post bellica e dalle costruzioni abusive. La spiaggia, profonda cento metri, è una distesa di rifiuti. Li ricicla qualche ragazzino per creare giochi di fortuna; un materasso abbandonato diventa un tappeto a molle sul quale, in dieci, compiono acrobazie al tramonto. Il moto ondoso restituisce alla battigia l’immondizia del mare, in uno dei tratti costieri più inquinati della Campania per gli sversamenti dell’alveo dei Camaldoli e del depuratore di Cuma, che da anni lavora a ritmo ridotto. La poca manutenzione dei 34.000 metri quadri di arenile che ricadono nel territorio di Pozzuoli è affidata alla buona volontà dell’associazione Licola Mare Pulito, presieduta da Umberto Mercurio. Nell’ultima operazione hanno raccolto plastica, siporex, copertoni e separato inerti, riempiendo un camion intero. Il gasolio per la ruspa lo finanziano i soci, i mezzi li fornisce Ciro Topo, un imprenditore della zona. Oggi lavorano in accordo con il comune.

La moschea del quartiere è un sottoscala che, il venerdì, ospita anche un centinaio di fedeli. Qualcuno sostiene fosse frequentata da Alagie Touray, un gambiano di ventuno anni che aveva giurato fedeltà al califfo Al Baghdadi, in un video amatoriale. La Digos e il Ros lo hanno arrestato temendo che potesse dare seguito alla volontà di organizzare un attentato. L’imam Alì ha però garantito alla stampa di non averlo mai visto. La convivenza tra migranti e residenti è l’argomento che scalda le voci di popolo. Nel 2015 la protesta contro gli stranieri fu così violenta da degenerare in un raid a un centro di accoglienza. Lavoro e opportunità, però, mancano per tutti. I giovani più fortunati fanno i manovali, gli altri passano le giornate nei pochi bar della zona, sprovvista di qualsiasi risorsa, anche di una farmacia. Dietro l’angolo c’è il crimine alla ricerca di facile impiego.

Antonella ha quarant’anni ed è già una nonna. Quando parla di Licola la voce si strozza e gli occhi diventano umidi di lacrime. Il suo appartamento è diviso tra un affaccio sulla spiaggia e una finestra appiccicata ad una struttura che accoglie migranti. Ottanta metri quadrati con vista su Ischia e viale che termina nella sabbia costano 280 euro al mese. Poco più a sud, nel comune di Bacoli, sarebbero 1500. Alla zona rossa per il rischio vulcanico si è aggiunta quella per il rischio creditizio. Per anni i mutui insoluti hanno lasciato ai titolari delle ipoteche immobili senza valore. Il Lido Blu, al civico successivo, è una coltre irriconoscibile di cemento armato, da decenni una discarica a cielo aperto. «Una volta proposi al sindaco di Giugliano la massima collaborazione da parte dei residenti volenterosi» recrimina Antonella «gli proposi di “mettere il chiodo”, noi avremmo aggiunto il “quadro”, ma mi rispose che qui non avrebbero resistito né l’uno, né l’altro. Io non la do vinta al degrado, non mi arrendo. Abbiamo un bene prezioso che non viene rispettato dai residenti, dagli immigrati e dalle istituzioni. Ne vale del futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti. Saprei elencare a memoria i modelli delle auto fatte sparire sotto la sabbia dal 1984, l’ho detto anche alla Guardia Costiera. Ho scritto a chiunque: alle TV locali, agli assessori, ai politici più importanti. Il mio figlio più grande ora vive a Roma, non vuole saperne nulla di tornare».

La rassegnazione è scolpita sui volti dei cittadini stanchi di lottare per l’ordinario, come salire sul bus p18 della CTP, alle sei del mattino, per recarsi a lavoro. Procolo ha quarantacinque anni ed è impiegato all’ospedale di Procida. Il suo viaggio inizia dalla pensilina vandalizzata di Via Licola Mare e continua in traghetto fino all’isola. È puteolano come molti altri nel quartiere. Il bradisismo degli anni ottanta li deportò qui dopo un lungo peregrinare tra campeggi e container. Lucia, quarantatré anni e cinque figli, è in trepidante attesa di ricevere una casa dal Comune di Pozzuoli, uno degli ottanta alloggi promessi in un complesso di residenza popolare a Monterusciello, i cui cantieri sono stati più volte bloccati dalla burocrazia e dagli interventi di contrasto alle infiltrazioni mafiose. Adesso spera di poter lasciare Licola per la fine del 2019, il contributo economico da parte delle istituzioni, però, si è esaurito da vent’anni.