rigenerazione urbana

Bagnoli, il carnevale sociale nel quartiere dell’acciaio

11 febbraio. La festa organizzata dai comitati cittadini è l’occasione per manifestare dubbi e aspettative sul futuro della vecchia area industriale.

di Claudio Morelli |

«Per ogni spazio educativo che chiude, nasce una baby gang». Con queste parole, gli organizzatori scandiscono l’apertura del Carnevale Sociale di Bagnoli. Nel frattempo alcune ragazze srotolano le sacche del trucco sulla soglia d’ingresso di un bar, chiuso per sempre. I partecipanti arrivano alla spicciolata nella piazza che prende il nome dal quartiere, la stessa attraversata per decenni da migliaia di operai e dirigenti dell’Italsider, allo strillo della sirena. Gli altiforni hanno prodotto acciaio fino all’ultima colata del 1990. L’eredità sconveniente dell’industria ammonta a ettari di suoli inquinati. Sono le terre al di qua della collina di Posillipo, un tempo area agricola e balneare, poi centro produttivo e poi santuario dell’abbandono. Simbolo della speranza costruita su progetti di spiagge pubbliche, alberghi, esclusivi porti turistici e servizi alla cittadinanza. Le bonifiche mai effettuate risuonano nelle sentenze dell’ultima ora.

Tra i sei condannati nel primo grado del processo per il disastro ambientale ci sono dirigenti della Bagnolifutura (la società di trasformazione urbana che doveva occuparsi della rinascita delle aree), dell’Autorità di Protezione Ambiente, del Ministero dell’Ambiente, del Comune di Napoli. Il tribunale dà loro la colpa di non aver provveduto a risolvere il danno ecologico causato dalle fabbriche, nonostante i milioni di fondi pubblici stanziati. Pene leggere, a giudizio del comitato Bagnoli Libera: «le condanne non ci soddisfano e non saranno i magistrati ad emettere il verdetto dei cittadini» dichiara un portavoce. «Per noi sono tutti colpevoli, anche coloro che non sono imputati. Si chiamano Bassolino, Iervolino, Renzi, Nastasi, responsabili della mala-gestione politica di questi anni». Il commissariamento dell’area, perseguito con decisione dal governo centrale, non va giù ai comitati. Così come le norme del decreto “Sblocca Italia”, che diedero l’avvio alla nuova fase di rigenerazione urbana. Lo stesso sindaco di Napoli provò a opporsi, ma il ricorso del comune fu bocciato dal TAR. «Non è qui necessario ricordare tutti i tentativi di risanamento del sito non andati a buon fine» scrissero i giudici, motivando la sentenza. Seguì il rigetto del secondo ricorso, questa volta al Consiglio di Stato.

Il carnevale è una parata di carri rudimentali che rimandano al tema del fuoco. Sfilano vulcani in cartone e un drago dal lungo mantello, portato in processione dagli scolari mascherati. Un gruppo di adolescenti marcia incatenato, in solidarietà con i detenuti del carcere minorile di Nisida, l’isolotto tufaceo che, per la presenza della casa circondariale e delle basi militari, da tempo non accoglie più cittadini e visitatori. «Giù le mani dagli scugnizzi» recita un cartello portato a braccio da una donna dal volto dipinto. Sono i ragazzini che spingono una nave pirata lungo la lingua di asfalto dissestato che li separa da Viale Campi Flegrei, arrivo della parata e luogo cardine della vita di strada bagnolese. Un manifestante li aiuta a non perdersi d’animo quando il galeone si incaglia nelle buche; c’era anche lui a costruire i carri qualche giorno prima, al Lido Pola, vecchio ristorante abbandonato, oggi occupato e riconvertito dai comitati. Si trova proprio a ridosso di Nisida, in quello che diventerebbe, secondo il piano di recupero dell’area, il triangolo del turismo di lusso. A est della strada, la spiaggia di Cala Badessa è un monumento naturale, destinato alle concessioni private. A ovest è previsto oltre un chilometro di spiaggia pubblica attrezzata, proprio dove sorge ciò che resta della Città della Scienza, in gran parte distrutta da un incendio nel 2013. Un arenile che dovrebbe sostituire gli edifici malridotti e l’immensa colmata sul mare.

Il programma di risanamento di Invitalia (agenzia pubblica ed ente attuatore del progetto) prevede espropri, demolizioni e cambi di destinazione d’uso per i fabbricati all’interno dell’area. Ancora proprietà del gruppo Caltagirone, invece, il complesso della ex-Cementir, che sorge proprio in prossimità della zona, sulla carta, più esclusiva. «Dobbiamo riappropriarci del territorio, renderci protagonisti, non lasciarlo al destino di uno sviluppo che guarda solo ai profitti» tuonano ancora dai comitati, mentre si aggregano al corteo altre famiglie. «Bagnoli non ha bisogno di ulteriore abbandono ma di responsabilità, politica e giuridica, e noi ce la stiamo assumendo»